Quando il creditore può pignorare il trattamento di fine rapporto (TFR) presso il datore di lavoro o in banca: casi, limiti, ricorso, sentenze.
Oltre che sullo stipendio mensile, il creditore del lavoratore può rivalersi anche sul suo TFR, pignorandolo presso il datore di lavoro. Anche in questo caso, però, esiste un limite legale stabilito dalla legge e che è rappresentato da un quinto (il 20%). Quando vi sia un pignoramento in busta paga del lavoratore da liquidare, si deve considerare che per legge 1/5 del TFR deve essere obbligatoriamente versato per il pignoramento, mentre la restante parte, se non ci sono finanziarie da soddisfare, resta nella disponibilità del lavoratore. Se il lavoratore ha contratto sia la cessione del quinto, sia la delega di pagamento, nella liquidazione del TFR ha la precedenza la pratica notificata per prima. Quindi il datore di lavoro – e di conseguenza il Fondo – deve saldare quest’ultima e versare ciò che rimane a saldo parziale della seconda. Ma procediamo con ordine e vediamo quali sono i limiti di pignoramento del Tfr.
Indice
- 1 Pignoramento del TFR al datore di lavoro
- 2 Pignoramento del TFR in banca
- 3 Pignoramento del TFR accantonato mensilmente
- 4 Il pignoramento del TFR ai fondi pensione
- 5 Limiti al pignoramento di crediti da lavoro
- 6 Chi può pignorare il TFR?
Pignoramento del TFR al datore di lavoro
Il TFR è pignorabile, così come tutti gli altri crediti del lavoratore dipendente, nella misura massima di un quinto, a condizione che il pignoramento avvenga presso il datore di lavoro (con notifica a quest’ultimo dell’atto di pignoramento). In tal caso, l’azienda, anziché versare tutto il TFR al dipendente, ne tratterrà un quinto e lo darà al creditore. Non lo verserà, però, immediatamente, già con la notifica dell’atto di pignoramento, ma solo dopo l’udienza che si sarà tenuta in tribunale (cosiddetta di “assegnazione della somma”, nell’ambito di quella che viene chiamata “procedura di esecuzione forzata presso terzi”).
Pignoramento del TFR in banca
Diverso il discorso se il pignoramento avviene una volta che la somma con il TFR viene depositata in banca, sul conto del debitore. In tal caso, l’orientamento maggioritario riteneva un tempo integralmente pignorabile il TFR (cioè nella misura del 100%). La giurisprudenza, in particolare, ha precisato che, una volta versate nel conto corrente, le somme mutano la loro natura lavorativa e/o pensionistica e si confondono con il patrimonio dell’esecutato.
Qualche tribunale, però, si è aperto a una visione un po’ più garantista: secondo questo indirizzo, se il debitore riesce a dimostrare che sul conto non vi sono affluiti altri crediti che non quelli di lavoro, allora si potrebbe esperire un’opposizione all’esecuzione e chiedere la riduzione del pignoramento ad un solo quinto. Infatti, l’importante sarebbe dare la prova che sul conto non vi sono altri redditi che non il TFR.
La questione è cambiata radicalmente con l’approvazione delle nuove regole sul pignoramento dello stipendio in banca secondo le quali la giacenza esistente all’atto del pignoramento può essere bloccata solo per la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale, mentre le successive somme solo nei limiti di un quinto. Di tanto abbiamo parlato già in Pignoramento stipendio: limiti. In pratica:
- se lo stipendio è accreditato in data anteriore al pignoramento (si tratta cioè delle somme che sono già depositate sul conto al momento in cui arriva l’atto di pignoramento: è la cosiddetta giacenza bancaria): è pignorabile l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Si fa questa operazione: stipendio mensile – (misura massima assegno sociale mensile x 3) = somma pignorabile. Ad esempio: 1500 euro di stipendio – (448,07 x 3) = 155,79 euro;
- se lo stipendio è accreditato alla data del pignoramento o successivamente (si tratta cioè delle somme che il datore di lavoro bonifica sul conto del dipendente mensilmente e dopo la notifica del pignoramento): è pignorabile l’intero stipendio nei seguenti limiti generali: a) per i crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato; b) per ogni altro credito nel limite di 1/5; c) per il pignoramento in concorso di più cause creditorie (alimenti, tributi, altre cause) fino alla metà dello stipendio.
Questa modifica ha comportato un cambiamento di rotta anche per quanto riguarda i limiti al pignoramento del TFR. Pertanto se il dipendente riesce a dimostrare, in caso di notifica dell’atto di pignoramento in banca o alle poste, che le somme ivi depositate sono state accreditate a titolo di trattamento di fine rapporto, il creditore può prelevare solo un quinto delle stesse e non più la totalità come avveniva in passato.
Pignoramento del TFR accantonato mensilmente
Si ritiene possibile pignorare, anche durante il rapporto di lavoro, fino a massimo un quinto della retribuzione, anche i ratei di trattamento di fine rapporto. Non può invece essere pignorato il trattamento futuro, in quanto la somma non è ancora esistente.
Diverse volte Agenzia Entrate Riscossione non ha atteso la risoluzione del contratto di lavoro per “bloccare” il trattamento di fine rapporto, ma ha pignorato la quota di TFR accantonata mensilmente dal datore di lavoro.
Secondo una sentenza del Tribunale di Verona la quota di TFR accantonata mensilmente dall’azienda è pignorabile solo a condizione che non sia già stato pignorato un quinto dello stipendio. In pratica, se un debitore ha già il quinto dello stipendio pignorato Equitalia non può rivalersi sul TFR accantonato dal datore di lavoro del soggetto moroso, in quanto le somme sono indisponibili e inesigibili fino al momento della risoluzione del rapporto professionale. Il limite del quinto fissato dal codice di procedura civile non può essere superato in alcun modo.
Il pignoramento del TFR ai fondi pensione
Le posizioni individuali costituite presso i fondi pensione sono inattaccabili. Di conseguenza, sia le quote del TFR, sia i contributi personali non sono soggetti a sequestro e pignoramento in caso di insolvenza dell’iscritto nei confronti dei creditori. E ciò vale anche nel caso in cui il lavoratore abbia in corso una cessione del quinto dello stipendio, la quale non incide peraltro sulla quota annuale del TFR.
Diverso il discorso per le prestazioni integrative erogate sotto forma di rendita o di capitale, le quali sono pignorabili nei limiti (massimo 1/5) previsti per le pensioni pubbliche (Inps, Inpdap ecc.).
Se il lavoratore – prima o dopo aver ottenuto un finanziamento per il cui rimborso ha provveduto alla cessione di un quinto dello stipendio con dazione del TFR in garanzia – ha scelto di destinare il TFR alla previdenza complementare, è opportuno che il datore di lavoro, cui viene notificato l’atto di cessione in garanzia del TFR, informi la società finanziaria della scelta operata dal lavoratore (Nota COVIP 30 maggio 2007). Ciò tuttavia implica solo un mutamento del soggetto depositario del TFR (il fondo al posto del datore di lavoro) e non fa venire meno l’oggetto della garanzia: cambia solo il soggetto depositario della garanzia presso il quale rivalersi in caso di inadempimento del saldo della rata di finanziamento (Risp. Interpello Min. Lav. 19 dicembre 2008 n. 51).
Limiti al pignoramento di crediti da lavoro
La disciplina della pignorabilità dei crediti da lavoro è cambiata con la legge finanziaria per il 2005. Secondo la normativa attuale, se il debito riguarda alimenti dovuti per legge, è prevista la pignorabilità fino a un terzo degli stipendi.
Se il debito riguarda tributi dovuti allo Stato, alle Province e ai Comuni, con le modifiche operate nel 2012, sono previsti tre diversi scaglioni di pignorabilità nel caso in cui il debito derivi da cartelle esattoriali:
- per stipendi fino a 2.500 euro il pignoramento può spingersi fino a massimo a un decimo dello stipendio,
- tra i 2.501 e i 5.000 euro si arriva al pignoramento fino a un massimo di un settimo;
- per cifre superiori ai 5 mila euro, invece, il limite è quello generale, nella misura di un quinto.
Tuttavia per quanto riguarda i limiti di pignoramento del TFR resta ferma la misura massima di un quinto.
Chi può pignorare il TFR?
Per pignorare il TFR bisogna che il creditore sia munito di un titolo esecutivo, ossia di una sentenza (anche non definitiva, purché munita della cosiddetta “formula esecutiva” in ultima pagina), o un decreto ingiuntivo non opposto (e quindi divenuto esecutivo), una cambiale, un assegno, un contratto di mutuo (o altro contratto stipulato da notaio), una cartella esattoriale di Equitalia, un attestato di credito della S.I.A.E.
Fonte articolo: sito web La Legge per Tutti del 21/05/2018, url https://www.laleggepertutti.it/90299_pignoramento-del-tfr-limiti-e-divieti?fbclid=IwAR1ukFyoQLf_TbM44xthh2XRLbTkjemxvb9FFQnsn5IbNcovLqS35clO5E0