Ecco i principali controlli da eseguire e i più comuni vizi formali e sostanziali per impugnare le cartelle di pagamento di Agenzia Entrate Riscossione o di altri agenti della riscossione locale.

Non tutte le cartelle esattoriali sono da pagare. Quando arriva il postino o il messo comunale a consegnare una richiesta di pagamento da parte di Agenzia Entrate Riscossione o di qualsiasi altro agente della riscossione locale bisogna controllare una serie di presupposti di legittimità sostanziale e formale la cui violazione può comportare la nullità dell’atto. Ecco i principali vizi che, di solito, vengono fatti valere per impugnare una cartella di pagamento.

Verifica della prescrizione

La prima cosa da fare è verificare che non si riferisca a crediti ormai prescritti. La prescrizione varia a seconda del tributo. Per cui, se in una cartella vengono richiesti importi a titolo di Iva, Irpef, bollo auto e contravvenzioni, ciascuno di questi importi seguirà la propria regola: 10 anni per tutti i crediti erariali (come Iva, Irpef, Irap); 5 anni per tributi locali (come Imu, Tasi, Tari), contributi Inps e Inail, multe stradali e altre sanzioni; 3 anni per il bollo auto.

Ogni successiva notifica di cartella o di intimazione di pagamento interrompe i termini della prescrizione. Per cui, per verificare la prescrizione bisogna eseguire il calcolo dall’ultimo atto ricevuto. Per contestare una cartella ci sono vizi di forma e di sostanza

Verifica delle precedenti notifiche

La cartella esattoriale è solo l’ultimo atto di un procedimento amministrativo partito con un avviso di accertamento o una richiesta di pagamento da parte dell’ente titolare del credito. Senza la precedente notifica di uno di questi atti, la cartella è nulla. Il contribuente può quindi verificare che gli siano stati consegnati quelli che tecnicamente vengono detti «atti presupposto» o «atti prodromici» senza i quali può procedere a impugnare la cartella. La verifica può essere fatta con una richiesta di accesso agli atti amministrativi presso l’Agente della Riscossione. La risposta va data entro 30 giorni.

Sono rari i casi in cui la legge consente di notificare la cartella in assenza di precedenti comunicazioni: è questo il caso del mancato versamento dell’imposta sui rifiuti quando non siano in contestazione gli importi (maggiori o minori rispetto alla superficie dell’immobile) ma l’omesso versamento sulla scorta dei dati forniti dallo stesso contribuente in autoliquidazione. Esistono al contrario degli atti che non richiedono la cartella di pagamento per procedersi al pignoramento: è il caso degli avvisi di accertamento immediatamente esecutivi dell’Agenzia delle Entrate (dopo la loro notifica, l’Agenzia Entrate Riscossione comunica solo la cosiddetta «lettera di presa in carico» prima di avviare la riscossione).

Se il contribuente non è a casa deve ricevere una raccomandata con l’avviso di giacenza

Se il contribuente non ha ricevuto alcuna notifica prima della cartella potrebbe essere perché, quando è passato il postino o l’ufficiale del Comune, non era a casa. In tale ipotesi però egli deve aver ricevuto la raccomandata informativa che lo avvisa della giacenza dell’atto rispettivamente alle poste o al Comune. Senza tale avviso la cartella è nulla.

Sintetizzando, può essere annullata la cartella di pagamento notificata al contribuente laddove non si sia perfezionato il procedimento di notifica del suo atto presupposto o senza che sia data la prova della spedizione della seconda raccomandata con la comunicazione della giacenza alle poste o al Comune nel caso in cui il postino o il messo comunale non abbiano trovato nessuno ad aprire la porta di casa. È infatti orientamento ormai consolidato della Cassazione quello che afferma che la nullità dell’atto successivo per mancata notifica dell’atto presupposto deve trovare applicazione in ogni procedimento tributario caratterizzato da una successione di atti impositivi autonomamente impugnabili dove sussiste uno stretto rapporto procedimentale fra atto consequenziale e atto presupposto [1].

Verifica della motivazione 

Il processo tributario si caratterizza per la possibilità di sollevare contestazioni solo contro atti e non contro comportamenti. Questo restringe di molto il campo delle possibili eccezioni sollevabili contro le cartelle. Ma ce n’è una che, per la sua genericità, si presta ad ampie forme di censura: è quella sul cosiddetto vizio di motivazione. La cartella di pagamento deve indicare le ragioni per la quale viene emessa: è appunto la cosiddetta motivazione. Non può richiamare un precedente atto se non si specifica a quale tipo di tributo o sanzione esso si riferiva, a quando è stato notificato e per quali annualità esso si riferiva. La Cassazione ha detto [2] che l’ente impositore ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure in modo succinto, le ragioni – intese come indicazione sia della mera causale che della motivazione vera e propria – dell’iscrizione a ruolo dell’importo preteso, in modo da consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa.

Come difendersi dalla cartella di pagamento

Quando i vizi della cartella di pagamento sono particolarmente evidenti (si pensi a una cartella prescritta o notificata nonostante il tributo sia già oggetto di impugnazione dal giudice ed oggetto di sospensiva) è possibile presentare una richiesta di annullamento in autotutela direttamente all’agente della riscossione e all’ente titolare del credito. Le risposte sono tutt’altro che scontate: per cui sarà bene tenere sotto controllo il calcolo dei termini per l’impugnazione – visto che l’autotutela non li sospende – e rivolgersi al giudice. Sul punto abbiamo offerto un’ampia guida in Come difendersi da Agenzia Entrate Riscossione a cui rinviamo per maggiori chiarimenti. Ma se il tuo interesse è bloccare immediatamente le possibilità di pignoramento non hai altra via che chiedere nell’immediato una rateazione a 72 rate e successivamente valutare la possibilità di un ricorso. Se invece non paghi, la cartella può portare a un pignoramento, pignoramento che però non può arrivare dopo un anno dalla notifica della cartella stessa; se decorre questo termine l’Agente della riscossione che voglia agire nei tuoi confronti dovrà prima notificarti un nuovo atto, l’intimazione di pagamento, la quale a sua volta ha una durata ancora più limitata di 6 mesi.

note

[1] Cass. S.U. sent. n. 16412/2007.

[2] Cass. sent. n. 18385/2005: «Se esiste un obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi, applicabile anche alle cartelle esattoriali costituenti il primo atto con il quale si porta a conoscenza del contribuente l’iscrizione a ruolo di un’imposta a suo carico, e giustificato dall’esigenza di consentire all’interessato l’esercizio del proprio diritto di difesa, attraverso l’immediata e piena percezione delle ragioni della pretesa tributaria, quest’ultima considerazione impone ragionevolmente di ritenere che il contenuto di un tale obbligo deve intendersi strettamente collegato alla realizzazione di quell’esigenza. Ne deriva, pertanto, che mentre è ampia la esigenza di motivazione di un avviso di accertamento con il quale l’amministrazione finanziaria accerti redditi non dichiarati, ben più limitata è detta esigenza nel caso di una cartella esattoriale emessa sulla base di una iscrizione a ruolo conseguente al meri controllo dei datti forniti dallo stesso contribuente. La circostanza è ancora più evidente se si considera la previsione dell’articolo 25 del Dpr 602/1973 che indica specificamente i contenuti obbligatori minimi della cartella esattoriale (tributo, periodo di imposta, imponibile, aliquota applicata e altro), intendendo con ciò dirsi che se i contenuti di cui alla citata norma non sempre, in concreto, possono risultare sufficienti a garantire il rispetto dell’obbligo di motivazione del provvedimento, quanto invece tale risultato possa dirsi assicurato con quelle indicazioni, non vi è motivo alcuno per caricare l’amministrazione di oneri ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla legge, bene potendo l’obbligo di motivazione esaurirsi nelle indicazioni medesime. Come nell’ipotesi in cui il semplice raffronto tra i dati della dichiarazione del contribuente e quelli riportati nella cartella consente al primo di comprendere le ragioni della pretesa tributaria».

Fonte: https://www.laleggepertutti.it/197720_cartella-esattoriale-non-tutte-sono-da-pagare