Le verifiche che deve effettuare il contribuente quando riceve una cartella di pagamento da parte di Agenzia Entrate Riscossione o della società di riscossione dei tributi locali: dalla notifica alla prescrizione.

10 Giugno 2019

Si può pagare una cartella e poi fare ricorso? Cosa rischia chi non ha soldi? Come si fa a capire se una cartella è prescritta e quanto costa opporsi? Si può inviare un’istanza di sgravio con l’autotutela oppure concordare con l’ufficio un pagamento dilazionato? C’è un modo per trovare un accordo con l’agente della riscossione e pagare di meno? Sono solo alcune delle innumerevoli domande che si pone chi riceve una cartella esattoriale. Domande cui spesso solo l’avvocato esperto in diritto tributario può rispondere dopo aver materialmente analizzato la cartella. Perché ogni cartella esattoriale ha una storia a sé e una propria sorte: sorte costituita dalle modalità con cui è stata compilata, dalla correttezza del procedimento con cui è stata emessa e notificata, dai tempi con cui l’amministrazione finanziaria ha proceduto a intimare la propria pretesa al contribuente. 

Volendo tuttavia stabilire delle regole generali, valide per chiunque, ecco l’elenco delle principali verifiche da effettuare nel momento in cui si riceve una cartella di pagamento da parte di Agenzia Entrate Riscossione o dalla società di riscossione dei tributi locali. Se ti stai chiedendo cosa fare, se opporti o pagare o addirittura far finta di nulla, ecco la guida che fa al caso tuo.

Indice

  • 1 Cos’è una cartella esattoriale
  • 2 Cosa succede a chi non paga nei termini la cartella?
  • 3 Chi paga può fare dopo ricorso?
  • 4 Cartella non notificata
  • 5 Si può pagare solo una parte del debito?
  • 6 Casi di prescrizione della cartella esattoriale
  • 7 Casi di nullità delle cartelle esattoriali
  • 8 Che fare se non si può pagare?
  • 9 Accordo con l’esattore

Cos’è una cartella esattoriale

Si chiama cartella esattoriale, comunemente conosciuta come cartella di pagamento. Il nome dice tutto: è un’intimazione che riceve chi non ha pagato allo Stato, alle altre pubbliche amministrazioni o agli enti locali le somme ad essi dovute. Somme spesso dovute a titolo di imposte ma talvolta anche di sanzioni.

La cartella è, a differenza di una normale lettera di sollecito di pagamento, un titolo esecutivo. Ciò sta a significare che non solo è l’ultima comunicazione che riceve il contribuente prima di subire l’esecuzione forzata, ma è anche un documento dotato di una certa ufficiosità e autorevolezza tale da dimostrare l’esistenza del debito. Questo non significa che non si possa contestare, ma – come vedremo a breve – l’impugnazione ammette solo determinate censure.

La legge dice che la cartella va pagata entro 60 giorni; in caso contrario l’agente può attivare le procedure di pignoramento, il fermo auto o l’ipoteca sulla casa. In verità i tempi sono molto più dilatati. A volte, prima che l’esattore si attivi, passano molti anni; altre volte agisce con così tanto ritardo che, nel frattempo, il debito si è prescritto.

Cosa succede a chi non paga nei termini la cartella?

Come detto, in teoria le conseguenze per chi non paga sono l’esecuzione forzata (il pignoramento dei beni) e le misure cautelari (fermi e ipoteche). Chi ha un debito superiore a 5mila euro subisce anche la sospensione di tutti i pagamenti dei crediti che vanta verso la pubblica amministrazione. 

Nella pratica, l’agente spesso attende mesi o, a volte, anni prima di fare la successiva mossa. Mossa che può anche consistere in un ulteriore sollecito. Non ci sono norme a riguardo che limitino il suo agire.

Chi non paga entro 60 giorni dovrà versare, oltre all’importo riportato sulla cartella, anche gli interessi. Non sono previste sanzioni. Non ci sono altre ripercussioni negative come ad esempio l’iscrizione alla Centrale Rischi (tipica di chi non paga i debiti con le banche).

Chi paga può fare dopo ricorso?

Al fine di evitare conseguenze pregiudizievoli, si può subito pagare la cartella e rinviare il ricorso ad un momento successivo. Il versamento degli importi infatti non è considerato ammissione di debito. Così il contribuente può, con tutta calma, far analizzare gli estremi dell’impugnazione al proprio avvocato. 

Attenzione però: il ricorso deve intervenire pur sempre nei termini di legge: 60 giorni per le cartelle relative a tasse, 30 giorni per le cartelle relative a contravvenzioni stradali e sanzioni amministrative, 40 giorni per le cartelle per contributi previdenziali Inps o assistenziali Inail.

Il pagamento parziale degli importi iscritti a ruolo non sana in alcun modo eventuali vizi di notificazione della cartella di pagamento. Così che il ricorso contro il ruolo e la relativa cartella conosciuta attraverso l’estratto rilasciato dall’agente della riscossione non trova ostacolo nei pagamenti effettuati in precedenza. 

Cartella non notificata

Chi si accorge di avere un debito con l’esattore non già dal ricevimento di una cartella ma dall’estratto di ruolo richiesto presso lo sportello, può fare ricorso contro quest’ultimo, entro i successivi 60 giorni. Il ricorso è volto ad accertare il vizio di notifica della cartella e quindi ad annullare il debito stesso. Per evitare brutte sorprese conviene presentare prima una istanza di accesso agli atti, per verificare se davvero la notifica non è andata a buon fine o si tratta di una semplice svista del contribuente. 

Si può pagare solo una parte del debito?

Chi ha un debito che non può pagare per intero né può permettersi di rateizzarlo può sempre pagarne un piccolo importo, importo che l’esattore non può rifiutare. Questo comportamento ha un grosso vantaggio quando si vuol evitare un’ipoteca o un pignoramento immobiliare: l’ipoteca scatta solo per debiti superiori a 20mila euro; per cui, versando solo la parte che eccede tale tetto, si evita la misura cautelare. Allo stesso modo per il pignoramento che può essere attivato solo per debiti a partire da 120mila euro.

Casi di prescrizione della cartella esattoriale

I termini di prescrizione di una cartella esattoriale dipendono da quali importi vengono richiesti con la cartella stessa. Se questa contiene tasse da versare allo Stato come IrpefIvaIresIrap, canone Rai, imposta di registro o ipotecaria, la prescrizione è di 10 anni. Per le tasse da versare agli enti locali come ImuTasi e Tari, la prescrizione è di 5 anni. È sempre di 5 anni la prescrizione delle multe stradali e dei contributi Inps e Inail. Di soli 3 anni è la prescrizione del bollo auto.

Puoi calcolare la prescrizione della cartella a partire dalla data dell’ultima notifica che hai ricevuto: sia essa la prima cartella o l’avviso di accertamento da parte dell’amministrazione. Ogni sollecito ricevuto medio tempore interrompe il termine di prescrizione e lo fa decorrere nuovamente da capo. Per cui, se dopo una cartella per multe stradali non hai ricevuto alcun atto, dopo 5 anni sei libero dal debito.

La “liberazione” non avviene in automatico, né puoi chiederla con un ricorso al giudice, essendo questo ormai scaduto (ricordi? Avevi 60 giorni di tempo dalla notifica della cartella). Dovrebbe essere l’esattore a cancellare il debito dai terminali, ma se non dovesse farlo potresti sempre ricorrere contro il successivo atto. 

Casi di nullità delle cartelle esattoriali

Per impugnare una cartella esattoriale puoi verificare la sussistenza di vizi di forma (relativi alle modalità di formazione della cartella stessa) o vizi di sostanza (relativi all’esistenza del debito). Sul punto puoi leggere la nostra guida sui vizi delle cartelle esattoriali.

Ecco alcuni esempi:

  • vizi di forma: mancata indicazione dei criteri di calcolo degli interessi; omessa indicazione del responsabile del procedimento; omessa indicazione della causale della cartella o degli estremi del tributo; omessa notifica dell’atto precedente alla cartella o della cartella stessa;
  • vizi di sostanza: pagamento del debito o richiesta di dilazione; sospensione del tributo da parte di un giudice; prescrizione del tributo; errori di calcolo; notifica a soggetto non legittimato.

Si tratta di questioni a volte molto tecniche e cavillose, che l’esperienza di un avvocato saprà individuare meglio di te. In ogni caso puoi già iniziare a controllare se, nel dettaglio della cartella, sono indicati gli interessi dovuti in una somma onnicomprensiva (cosa che sarebbe illegittima) o sono riportate le singole annualità con il relativo tasso applicato (comportamento corretto).  Puoi vedere se la cartella contiene o meno l’indicazione delle ragioni per cui devi pagare (la cosiddetta motivazione) in assenza della quale sarebbe illegittima. E puoi fare una istanza di accesso agli atti per controllare che le notifiche degli atti precedenti siano avvenute correttamente qualora tu abbia perso i relativi documenti.

Che fare se non si può pagare?

I latini dicevano che non si può pretendere che qualcuno sia costretto a fare qualcosa che per lui è impossibile (il tutto con le semplici parole: nemo ad impossibilia tenetur). Questo significa che chi è realmente nullatenente non rischia nulla. 

Non c’è bisogno però di essere completamente poveri per non rischiare pignoramento. Difatti la legge tutela i contribuenti che sono al di sotto di una determinata soglia di reddito. Ad esempio, non è possibile pignorare le pensioni minime (pari a una volta e mezzo l’assegno sociale). È il cosiddetto minimo vitale.

Non è possibile pignorare più di un decimo dello stipendio o della pensione se la mensilità non supera 2.500 euro; si passa a un settimo se stipendio e pensione raggiungono 5.000 euro; per importi superiori il limite è un quinto.

Non si può pignorare la cosiddetta prima casa, ossia l’unico immobile di proprietà del contribuente ove abbia fissato residenza e sia adibito a civile abitazione. Ma se questi ha un secondo immobile, entrambi sono pignorabili.

Accordo con l’esattore

Non sono ammessi accordi personalizzati. L’unico modo per poter pagare in forma agevolata è chiedere la rateizzazione delle cartelle di pagamento. Chi non può versare neanche le rate, può far ricorso alla procedura di sovraindebitamento (c.d. Legge 3 del 2012) che consente, per debiti di natura privata, di chiedere al giudice un taglio delle passività e, per debiti di natura imprenditoriale, di ottenere una decurtazione dietro consenso del 60% dei crediti.

Fonte articolo: sito web La Legge Per Tutti del 25/03/2019, url https://www.laleggepertutti.it/279390_cartella-esattoriale-ecco-cosa-fare?fbclid=IwAR0eVZTOzDHRPrb9LxC5EjOwXkj7FWQRZu58NZyU_d59r-rG31kCG6Glhqg

Autore immagine: today.it